In quei giorni il pappagallo verde aveva più volte distolto la mia attenzione con i suoi voli improvvisi da un ramo a un altro dell’albero davanti alla finestra del mio ufficio. Erano giornate belle benché il freddo fosse finalmente, forse definitamente, arrivato.
Quelle tipiche dell’inverno, con il cielo azzurro e il sole a illuminare le ultime foglie dorate sugli alberi non ancora completamente spogli. Il verde del pappagallo spiccava tra i rami. Lo vedevo stranamente contento, scherzava e cantava pieno di energia mentre io, avvolta dalle mie solite suggestioni, immaginavo che mi richiamasse dai meandri un po’ scuri dei miei pensieri. Dopo quel richiamo, a guardare bene, mi accorgevo che non era più solo. Che lì, su quel ramo quasi spoglio di quasi inverno di un giorno di dicembre di quasi Natale, quel pappagallino verde non era più sconsolato, non era più assorto nei suoi dubbi esistenziali sulla vita ma volava felice e innamorato con un altro pappagallo che insieme a lui cantava, si poggiava sul ramo e con la coda gli si avvicinava. L’immagine era bella, mi pareva di buon auspicio, mi faceva riflettere sull’opportunità di cogliere in quel che vedevo la
possibilità di recuperare il buon umore, perduto e smarrito senza nemmeno sapere perché, senza nemmeno sapere dove.

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