Il pensiero dei segni del Cielo era a luglio una boccata d’aria, un respiro, forse l’unico vero sospiro di sollievo. Si diceva che, a ben guardare, il cammino fosse intramezzato da molti segni del Cielo: le forme delle foglie, le piume degli uccelli. Con il senno del poi, questi lasciavano presto il tempo che trovavano benché le piume, quelle nere e grandi che si frapponevano al cammino, procurassero un tonfo piuttosto sordo nel cuore e ci si conficcavano dentro come frecce scoccate dall’arco sovraumano di una sfortuna cieca. Una di quelle che scocca e che coglie dove coglie. A luglio si era detto di dare un nome e un cognome alle cose per togliersi il pensiero ma era stato per lo più un modo di dire visto che era bastata una sola parola per rimanere finanche senza respiro. Era di luglio, difficile a credersi, ancora una volta di luglio…Giornate calde e piene di sole. Si camminava tra foglie, piume nere e parole, riflettendo parecchio su quanto tutto dentro si fosse già compiuto, a dispetto degli auspici e dei segni, sì, proprio quelli del Cielo. Dal canto suo il prima si era molto repentinamente separato dal dopo e il resto del mondo, ormai molto lontano, si salutava malinconicamente con la mano. Ci si distraeva fissando il volo dei piccioni nelle sale d’attesa circolari, tra la gente in fila agli sportelli di un ospedale. Si guardavano voli e atterraggi e, inavvertitamente, ci si aggrappava, come a funi, ai capelli. A questi si rimaneva con una certa insistenza appesi, lì, sopra il precipizio scuro e vuoto del pensiero. A luglio ci si chiedeva se si stesse nascendo oppure solo morendo. Magari se per caso non si stesse forse sognando. Ci si stropicciava continuamente gli occhi della mente, provando a farla sbadigliare come in un risveglio. Di un sogno non sogno capovolto. E la forza dentro … la forza dentro, non si aveva la forza dentro nemmeno di capire che cosa mai volesse stare a significare. Un Padre nostro sgorgava spesso nel cervello ma sempre nello stesso punto bloccato, ricominciava da capo, tipo loop impazzito…A luglio ci si era ritrovati su un lettino. A guardare in alto e chiedersi se fossero stati di cartongesso i blocchi quadrati del soffitto sulla testa, nel frattempo che la vita si raggomitolava tutta, sequestrata in una bolla.

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