Dicasi bettata un’azione di solito compiuta dalla mia amica Betta le cui conseguenze generano situazioni solitamente bizzarre. Una bettata è dare un appuntamento in una via di Roma mentre se ne intendeva un’altra, buttare le chiavi della macchina nel cassonetto della spazzatura insieme all’immondizia, pensare di poter portare da sola una poltrona dal quinto piano di un palazzo al secondo piano di un altro, distante diversi isolati dal primo, nel quartiere Prati di Roma, in un pomeriggio di pioggia. Per chi non è di Roma, c’è da spiegare che trovare un parcheggio in Prati in un pomeriggio di pioggia è una cosa talmente oltre la realtà da rendere la bettata, quell’intento cioè che in altri luoghi o contesti sarebbe guardato quantomeno con sospetto, una cosa ragionevole e normale. Prendiamo ora un pomeriggio di pioggia a Roma, uno di quelli in cui repentinamente viene giù tutta l’acqua che doveva piovere in sei mesi in circa dieci minuti di temporale e prendiamo Betta che, in questo frangente, deve ritirare una poltrona che ha comprato da un tizio che abita al quinto piano di un palazzo e portarla al secondo piano di un altro palazzo che si trova piuttosto distante dal primo. Prendiamo che la poltrona è un Sant’Antonio che pesa discretamente e che non entra nemmeno nell’ascensore del tizio del quinto piano, la bettata suggerisce a Betta che sì, lei da sola può farcela nell’impresa e che, tra l’altro, è ragionevole arrangiarsi senza la macchina (visto che ormai quella è bella e parcheggiata sotto il palazzo del secondo piano, dopo aver presumibilmente girato e rigirato, peggio di Claudio Baglioni, bestemmiando tutti i santi del calendario). La bettata, che si era solo abbozzata nella postura sconnessa di Betta durante la discesa per le scale, quando, aiutata dal figlio del tizio del quinto piano, rischia di rimanere folgorata da un pesantissimo colpo della strega, una volta al portone e rimasta sola con la sua poltrona, le fa credere che il grosso ormai è fatto e che, a questo punto,  si tratta solo di trasportare la poltrona con le sue  due rotelle…(due rotelle…), fino al palazzo del secondo piano…. Betta si ritrova così, nel quartiere Prati, sotto la pioggia scrosciante con una poltrona pesante, le cui uniche due rotelline si incastrano continuamente sulla strada. La bettata a questo punto si è delineata in tutto il suo splendore ma Betta, che è una caparbia ottimista, ancora non si perde d’animo e, mettendosi al riparo sotto una tettoia, ricorda tutte le volte che si è fidata del mondo e che il mondo l’ha aiutata. Pensa, ad esempio, a quella volta che dopo aver buttato le chiavi della macchina nel cassonetto, un signore per aiutarla ci si era infilato quasi tutto dentro e alla fine c’era pure riuscito a riprenderle le chiavi. Insomma, il mondo non è sempre brutto e Betta, rossa paonazza, tutta sudata e bagnata dalla pioggia, pensa a questo mentre sulla sua strada arriva Alì, un ragazzo di 29 anni pakistano che fa le consegne e che, senza battere ciglio, prende la poltrona come un fuscello e la porta con sé fin sopra al secondo piano. Lei non crede ai suoi occhi, lo rincorre per aiutarlo ma lui non ne vuole sapere. Lo rincorre per dargli dei soldi ma nemmeno di quelli ne vuole sapere.

La sera Betta mi racconta la sua bettata . Ridiamo insieme dell’avventura e mi dice che ci sarebbe da scriverla, da raccontarla. Perché Alì esiste e, a ripensarci, lei proprio si commuove.

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