Anna dice cose sempre interessanti. Cose sulle quali vale un po’ la pena di meditare. Come questa sull’inquietudine, che non andrebbe trattenuta dentro di noi con tentativi di riflessione, definizione e varie. Perché in fondo essere pervasi da uno stato d’animo di indefinito malessere non richiede necessariamente da parte nostra lo sforzo di definirlo quel malessere. Anzi, potrebbe essere proprio quello sforzo di comprenderlo o definirlo il nostro malessere oppure, anche se definito, di rimuginarci sopra, ad ancorarcelo dentro, permettendogli appunto di “sedimentare”. Per evitarlo basterebbe in qualche modo lasciarsi semplicemente attraversare dalle nostre sensazioni, che in fondo, belle o brutte che siano, in definitiva come ci entrano dentro, escono pure. Basta solo saper aspettare.

Certo il tutto a parole è molto semplice benché, come sempre Anna dice, il semplice pur essendo per sua natura a portata di mano, o per meglio dire di pensiero, tende sempre a sfuggire e a dar spazio al complicato. E chi più di me può darle torto? Una meditativa meditabonda che nella vita si è lasciata sedimentare dentro un quantitativo tale di sensazioni da non distinguerle più da sé stessa?

Io sono la prova provata che quel che dice Anna è vero. Eccome se è vero! Perché in fondo io non ci sono mai riuscita a farmi attraversare da quello che provo prima che quel che provo non mi costruisca o sedimenti dentro. E questo perché per me il complicato è molto più facile del semplice. Perché non sono predisposta a camminare leggera, perché se le mie sensazioni come per magia uscissero da me da dove sono entrate, io me ne volerei in cielo come un palloncino trasportato dal vento. Ed io non lo riesco nemmeno ad immaginare come sarebbe vivere leggera come un palloncino trasportato dal vento.

E’ per questo che adoro Anna e quel che Anna dice. Perché mi fa credere possibile quel che per me non è nemmeno immaginabile.

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6 thoughts on “Su quel che Anna dice.”

  1. cara ale,
    condivido tutto, ma credo che la cosa essenziale sia quella di cercare di assecondare se stessi e la propria indole, senza snaturarsi per correre dietro a ogni soggettiva interpretazione del concetto di benessere e malessere, di essere o non essere, o come essere.
    forse la cosa più difficile è proprio quella di saper interpretare se stessi e capire di cosa ognuno di noi ha più bisogno per essere se stesso (e quindi felice)..
    il fiume per esistere ha bisogno di scorrere così come il lago ha bisogno di stagnare.

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