La vita vera nei libri mi istiga e, sicuramente, mi farĂ  uscire fuori tema. Per assonanza ripesco dalla memoria il leit motiv “vita vera e vera vita”, come una cosa che sta lì da sempre e che si propone e ripropone, un leit motiv appunto. Ultimamente ne ho ritrovato  le tracce, orme lasciate su territori giĂ  percorsi, racchiuse in riflessioni giĂ  parecchio considerate. Osservate da dentro e da fuori, da svariate angolazioni e punti di vista. Inconsciamente, consciamente, sognando o restando sveglia. Sempre per assonanza, annuso Proust nell’aria nel mentre il motivo ricorrente prende il lĂ  e se ne va scorrazzando per le strade della realtĂ  come una moto a cui si è dato gas e che fa rumore con la marmitta piena di fumo. Nel passato di un tempo che ciclicamente ritrovo per la strada, avevo fiutato che avesse qualcosa di fortemente attinente con questa storia, con il dilemma esistenziale. Del resto con le sue pagine credo che Proust proprio lì volesse andare a parare, in quel territorio sprofondato dell’essere da riacchiappare con le parole, seguendo la scia e il profumo di una sensazione antica che, riaffiorando cristallizzata, torna presente, attuale. Dentro il naso, nella gola, in un angolo di cuore. Lo scenario della realtĂ  mutevole nel tempo, che però si cristallizza nel ricordo e se ne resta come la vita vera, appunto, imprigionato in un cristallo che andrebbe rotto affinchĂ© le iridescenze possano finalmente illuminare. Non si capisce bene se la forza per uscirne fuori debba provenire da dentro o invece da fuori. Il ragionamento è complesso assai e si inerpica dal cilindro dei miei pensieri che, dal palo in frasca poco definito e per niente concluso del precedente messaggio vocale, spiccano il volo su altri pali e altre frasche e mi fanno approdare sulle mie letture attuali e quindi  su La cosa buffa di Giuseppe Berto che mi riapre a sua volta a Il male oscuro e alle frasi lunghe, lunghissime, infinite di questo scrittore senza punteggiatura che corre, corre, corre sempre, quasi per evitare che il pensiero possa sfuggirgli e che piuttosto che farsi definire neo realista preferiva di gran lunga essere considerato neo romantico. Forse perchĂ© anche per lui la realtĂ  della propria vita era contenuta piuttosto in un sentimento, un malessere, un male oscuro da riportare alla coscienza per il tramite delle parole, intravedendoli dietro o sopra di esse piuttosto che asetticamente descriverli? Vita vera o vera vita. Anche qui dilemma da riportare, descrivere mischiando le carte, sovrapponendo la vita vera alla vera vita. Il dubbio poi resta se, infilando quella vita vera tra le righe, quella poi resti ancora vera o se per miracolo proprio averla infilata tra quelle righe possa trasfigurarla, la vita vera, trasformandola in vera vita. Il quesito è al massimo abbozzato e se ne resta lì, meritevole di essere approfondito.

“La grandezza dell’arte vera […] consiste, tutt’al contrario, nel ritrovare, nel riafferrare, nel farci conoscere quella realtĂ  da cui viviamo lontani, da cui ci scostiamo sempre piĂą via via che acquista maggior spessore e impermeabilitĂ  la conoscenza convenzionale che le sostituiamo: quella realtĂ  che rischieremmo di morire senza aver conosciuta, e che è semplicemente la nostra vita. La vita vera, la vita finalmente scoperta e tratta alla luce, la sola vita quindi realmente vissuta, è la letteratura; vita che, in un certo senso, dimora in ogni momento in tutti gli uomini altrettanto che nell’artista. Ma essi non la vedono perchĂ© non cercano di chiarirla. E così il loro passato è ingombro d’innumerevoli lastre fotografiche, che rimangono inutili perchĂ© l’intelligenza non le ha sviluppate. Riafferrare la nostra vita, e anche la vita altrui: giacchĂ© lo stile, per lo scrittore, come il colore per il pittore, è un problema non di tecnica, bensì di visione”

Marcel Proust – Alla ricerca del tempo perduto

“Quella scrittura mi catturava e mi imbrigliava nelle trame delle sue parole, innalzandomi e sospendendomi in un mondo parallelo, dentro una vita fatta di vita vera pur non essendo la vita vera…Rientrare nella mia vita era un’operazione che mi costava un brivido di freddo, come quando ci si butta nel mare dopo aver preso troppo sole. Mi affaticava, mi lasciava un vuoto dentro. Come quando si tolga il tappo a una vasca piena d’acqua calda che ci ha lavati, cullati, soavemente rigenerati e che nel gorgoglio a volte troppo vorticoso dell’acqua che scende via sempre piĂą in fretta, ci lascia esposti all’aria, alla sensazione del freddo sulla pelle.” 

Come un pappagallo verde su un ramo grigio d’inverno

 

“…C’è una tale quantità di vita, nelle sue pagine, da lasciarci senza fiato…”

Ada D’Adamo – Come d’aria Presentazione di Elena Stancanelli

 

“…Tra i detrattori piĂą feroci, Pier Paolo Pasolini che accusava Berto di sprecare il suo talento raccontando vicende personali...”  Berto-un-grande-del-novecento-colpevole-di-essere-uno-scrittore-di-successo (Fonte: Il Dubbio)

 

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