E’ il primo di settembre e mi chiedo se, in tempi non sospetti, Ivan Il’ič avesse avuto compassione di Ivan Il’ič . Me lo chiedo mentre preparo una frittata. Rompo un uovo, poi due … Al terzo sono sufficientemente convinta che Ivan Il’ič non avrebbe avuto alcuna compassione di Ivan Il’ic o che ne avrebbe avuta né più né meno di quella a lui riservata durante la sua agonia se a morire fosse stato un altro e non lui. Nel qual caso non avrebbe  di certo scoperto l’inganno della sua vita e avrebbe continuato a credere, senza crederlo, che un giorno anche lui sarebbe morto e avrebbe vissuto senza accorgersi della sua non vita, quella cioè  che solo una vera morte avrebbe potuto rivelargli.

Al quarto uovo mi chiedo quale sarà mai la discriminante tra le vite di tutti gli Ivan Il’ič di ogni epoca e luogo e la vera vita e mi dico e ridico che Tolstoj, con il suo racconto, ha gettato una pietra nel mio cervello. Come quelle che si gettano nel mare e creano cerchi che si allargano, si aggiungono, si espandano.

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