Ci sono piccole storie che si susseguono nella vita, ne costituiscono pezzetti infinitesimali. Il filo conduttore delle piccole storie è palesemente lo stesso filo che le distingue: il filo conduttore delle piccole storie è la fortuna. Quando questa volta le spalle, le piccole storie sono tristi. Quando invece decide di baciare in fronte, le piccole storie sono felici. Nel complesso e disordinato ordine dell’universo non si sa mai quando, come e perché la fortuna possa voltarsi da una parte, guardare di traverso, abbracciare o baciare sulla fronte. Per le piccole storie tristi può accadere che restino sempre e per sempre storie tristi. Per le piccole storie felici anche. Bisogna capire, comprendere il presupposto. Bisogna accettare il meccanismo per non rischiare che le piccole storie tristi guardino con odio le piccole storie felici e le piccole storie felici restino indifferenti alle piccole storie tristi. Le piccole storie tristi rischiano di incattivirsi. Le piccole storie felici di credere nella fedeltà della propria fortuna. Le prime sarebbero annebbiate dai fumi dell’odio e dell’invidia. Le seconde dalla nebbia dello schiamazzo fatto per onorare la propria felicità.

Mi faccio domande sulla effettiva ineluttabilità di una tristezza rispetto a una felicità. Sulla possibilità che una piccola storia triste possa improvvisamente trasformarsi in una piccola storia felice o su un possibile avvicendamento delle due. Una volta su, una volta giù. Tristezza e felicità, gemelle eterozigote della fortuna. Facce della stessa medaglia, luce e ombra, sole e luna. Tutto nella vita e nell’universo fa presupporre la naturalità della dicotomia. Tutto si suddivide, da una parte e dall’altra. Anche il cervello: emisfero destro e emisfero sinistro, sensibilità e razionalità. Me ne vado farneticando sulle mie storie tristi e felici di cui mi pare costellata la vita e il mondo e mi chiedo quanto duri siano stati per le piccole storie questi tempi duri del covid . Se sia stato lo stesso per le storie felici e per quelle tristi. Mi chiedo come possa essere possibile che per una piccola storia triste possa essere stato lo stesso che per una piccola storia felice. Quanto si è sospesa la vita per una piccola storia triste? Quanto si è interrotta la vita per una piccola storia felice? Quanto è cambiata la vita per le piccole storie tristi e felici? Le piccole storie felici è possibile che siano diventate ancora più felici? E le piccole storie tristi è possibile che siano divenute ancora più tristi?

E’ un pomeriggio di novembre. La luce rossa del tramonto è definitivamente calata nel buio. Mi ritrovo a zigzagare tra le piccole storie tristi e tra quelle felici. Sono su per giù passati ventidue mesi di tempi di covid. Tempi in cui tutto è diventato possibile: storie tristi divenute più tristi, storie felici più felici, storie tristi diventate felici e storie felici diventate tristi. Non è lo stesso. Non è stato lo stesso. Forse è per questo che alla fine il mondo è impazzito. Le storie tristi divenute più tristi hanno cominciato a non capire più le storie tristi rimaste tristi, così come quelle felici, che mai avevano tanto capito quelle tristi, hanno cominciato a sbeffeggiare quelle tristissime che, a loro volta, hanno preso a detestare quelle felici e addirittura ad odiare quelle felici divenute ancora più felici. Le storie si sono frammentate: tristi, tristissime, felici, felicissime. Piccole, piccolissime. Contro, contrissime. Sole, solissime.

Disegno di Stefania Mirra

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