“Che cosa significa la realtà? Sembra essere qualcosa di molto impreciso, che ora si può trovare in una strada polverosa, ora in un pezzo di carta sul marciapiede, ora in un narciso illuminato dal sole. Illumina un gruppo in una stanza e incide una parola che è stata detta a caso. Ci sopraffà mentre torniamo a casa, camminando sotto le stelle, e fa sì che il mondo silenzioso diventi più reale di quanto non sia il mondo delle parole; e poi la si trova di nuovo sull’imperiale di un autobus, in mezzo allo strepito di Piccadilly. D’altra parte, a volte sembra nascondersi dietro forme troppo lontane perché ci sia possibile capire la loro vera natura. Ma qualunque cosa essa tocchi, viene fissata e resa permanente. È questo che ci resta, quando abbiamo gettato dietro la siepe la buccia vuota del giorno; è questo che ci resta del tempo passato, dei nostri amori e delle nostre avversioni. Orbene lo scrittore, mi sembra, ha la possibilità di vivere, più di quanto possano vivere gli altri, in presenza di questa realtà. Il suo compito è trovarla, raccoglierla e comunicarla agli altri. Così almeno posso dedurre dalla lettura di Lear, di Emma o di Alla ricerca del tempo perduto. Giacchè la lettura di questi libri sembra eseguire una curiosa operazione generativa sui nostri sensi; a lettura finita vediamo più intensamente; il mondo ci sembra finalmente svelato e animato da una vita più intensa.”

Wirginia Woolf – Una stanza tutta per sè

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