“Non ho bisogno di odiare nessun uomo; egli non può ferirmi. Non ho bisogno di adulare nessun uomo; egli non ha niente da darmi. Così, senza quasi rendermene conto, mi accorsi di avere assunto un atteggiamento nuovo verso l’altra metà della razza umana. Era assurdo biasimare una classe sociale o un sesso, nel loro insieme. I gruppi numerosi di persone non sono mai responsabili di quello che fanno. Sono guidati da istinti che non ubbidiscono al loro controllo. Anche loro, i patriarchi, i professori, avevano difficoltà infinite e inconvenienti terribili contro cui lottare. L’educazione che avevano ricevuto era stata sotto certi aspetti altrettanto manchevole della mia. Aveva prodotto in loro difetti altrettanto grandi. Certo, essi avevano denaro e potere, ma solo a costo di tenere rinchiusa nel petto un’aquila, un avvoltoio che gli lacera  incessantemente il fegato e gli strappa i polmoni – l’istinto di possesso, la rabbia di accumulare che li porta a desiderare senza sosta i possedimenti e i beni degli altri; che li porta a creare frontiere e bandiere; navi da guerra e gas velenosi; a offrire le loro stesse vite e le vite dei loro figli. Passate sotto l’arco dell’Ammiragliato (nel frattempo avevo raggiunto quel monumento), o lungo qualunque altro viale dedicato a trofei e cannoni, e pensate a quale tipo di gloria vi si celebra. Oppure osservate, nel sole di primavera, l’agente di cambio e l’avvocato famoso che entrano in ufficio a fare soldi e poi ancora soldi e poi altri soldi ancora, quando è evidente che cinquecento sterline l’anno sono più che sufficienti a mantenerci in vita sotto il sole. Sentimenti sgradevoli da nutrire, pensavo. Prodotto delle condizioni di vita, della mancanza di civiltà, pensavo guardando la statua del duca di Cambridge e in particolare la piuma della sua feluca, con un’intensità che raramente avevano ricevuto prima. E man mano che cominciavo a rendermi conto di tali svantaggi, ecco che a poco a poco paura e amarezza si tramutarono in pietà e tolleranza; poi nel giro di un anno o due pietà e tolleranza svanirono, e sopravvenne il più grande sollievo che ci sia, e cioè la libertà di pensare alle cose per ciò che esse sono. Per esempio, quel palazzo, mi piace oppure no? Quel quadro è bello oppure no? Non c’è che dire, l’eredità della zia mi svelava il cielo, e al posto di quella enorme imponente figura di gentiluomo che Milton raccomandava alla mia perpetua adorazione, aveva messo la vista del cielo.”

Virginia Woolf – Una stanza tutta per sè

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