Io, quando ero bambina, non me lo ricordo un vestito di carnevale comprato al negozio. Tutt’al più mia madre ci travestiva con abiti suoi adattati per l’occasione, che so, un po’ zingareschi, gonne lunghe, foulard a mò di turbanti, trucchi sgargianti sugli occhi, rossetti. Al massimo io e mia sorella ci travestivamo con qualche vestito da dama dell’ottocento che qualche amichetta più grande ci prestava, con quelle gonne ampie e le parrucche bianche. Per il resto avevamo uno scatolone dove mia madre conservava un po’ tutte le cose eccentriche e passate di moda, precauzionalmente in quanto utili alla causa carnevalesca. Questa cosa era un po’ per impostazione, quasi una sorta di principio. Non era per mancanze o carenze economiche. Un vestitino di carnevale, in fondo, mi spingerei a dire che potevamo permettercelo. Era solo che mia madre così ragionava e così, dunque, si faceva.

Carnevale, con o senza vestiti di negozio, era comunque una festa divertente, almeno per gli anni dell’infanzia. Sì, perché poi nell’adolescenza e negli anni a seguire il carnevale, almeno dalle mie parti, era diventata una festa insopportabile, dove non ci si travestiva più ma si usciva per il corso di Campobasso a farsi letteralmente bombardare di farina, uova e schiuma da barba da ragazzi che sembravano sfogare in quei gesti non so quali turbe psichiche da cui forse erano affetti. Una cosa che sinceramente non sopportavo, che mi faceva impressione e che aveva trasformato quella festa così allegra da bambina in una giornata di paura.

Con Giulio piccolo il Carnevale è finalmente tornato alla sua dimensione di festa ed io ho potuto riappropriarmi dei momenti legati al travestimento rivivendo per mezzo di lui tutta la fase organizzativa dei preliminari che, generalmente, nel nostro bizzarro caso durano all’incirca un annetto. Sì perché dal giorno dopo il martedì grasso Giulio già pensa a come travestirsi l’anno successivo. Io, d’altro canto, sarà per la mia voglia di riscatto sull’arte di arrangiarsi imposta da mia madre, lo assecondo ben volentieri alimentando grandi progetti su strabilianti travestimenti che, vista l’entità del tempo che ci troviamo davanti per il prossimo carnevale, mi appaiono assolutamente alla mia portata, fosse anche a doverglielo realizzare a mano, io che notoriamente non so attaccare nemmeno un bottone. Chiaramente nel corso dell’anno, tra un carnevale e l’altro, Giulio cambia opinione in media ogni tre mesi, a seconda del mutare delle sue passioni. Così, giusto per dare un’idea, siamo passati dal Joker di Batman al professor Severus Piton di Harry Potter, passando per qualche altro personaggio cattivo di cui ora non ricordo nemmeno più il nome.

Inutile dire che nonostante il tempo a disposizione sono arrivata al giorno prima del martedì grasso senza aver realizzato nessun costume e, cosa assai più grave, senza avere niente a disposizione nemmeno per arrangiarmelo, a parte una disastrosa parrucca di capelli neri che ho malamente tagliato sulla testa di Antonio, gentilmente immolato alla causa del professor Severus. Mi toccherà cosi’ correre ai ripari nelle prossime ore, e mentre come al solito correrò affannata verso quei ripari, penserò con nostalgia a quel fantastico scatolone dei vestiti di mia madre.

 

 

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3 thoughts on “La difficile vita di una madre, come me – Carnevale”

  1. Anch’io dopo il martedì grasso dell’anno scorso, avevo già deciso di travestirmi da Supergirl.
    Dopo aver visto tutti i film di Harry Potter sono passata da Supergirl a Hermione Granger. 😂😂

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