Con un lanternino e la sua luce fioca ricerco la mia leggerezza perduta. Mi pare di intravederla, adagiata su di un balcone,  sfumata e così tanto antica da sembrare mai esistita. Se ne sta invece ritrovata, nel risorgere del mio tempo perduto, seduta su una pianta di geranio. Come la me bambina,  mentre mia nonna cucina. La leggerezza ritrovata sul suo balcone sicuro, si propaga nell’aria mentre il ricordo, come un frutto maturo dell’estate,  sbuccia sè stesso rivelando tutta la sua dolcezza. Con un balzo in avanti ritrovo mia nonna, sul finire della sua ultima estate, seduta su una poltrona. Si è trasferita per qualche giorno a casa mia e  io dormo con lei, nella mia stanza. Prima di addormentarci le chiedo la traduzione in dialetto delle parole. “Nonna, come si dice peperoni?” “Peparuoli” “e basilico?” “Vasinicola“e prezzemolo?” “Petresin” “e arancia?” “Portuall” “e melanzane?” “Mulugname”. Dopo la sfilza di ortaggi prima della buonanotte, le chiedo se alla sua dipartita può ricordarsi di aiutarmi a trovare un lavoro. “E ‘llora ” mi risponde lei, a voler dire “ti pare che io possa dimenticarmene?”

Rido, quanto rido! “Buonanotte nonna”

“Pozz’esse benedetta!”

Aveva capelli lunghi mia nonna, non completamente bianchi, piuttosto brezzolati e sempre raccolti tanto che, ogni mattina, quando ricomponeva la sua treccia, a me sembravano proprio una rivelazione. Li pettinava formando delle onde perfette con la sua brillantina e le forcine, indossando una mantellina di fronte allo specchio. I suoi punti fermi nella vita erano la brillantina Linetti,  l’acqua idrolitina, i fagioli murecen di Isernia,  e la cucina. Questa, più che un punto fermo, era proprio una questione di vita o di morte. A Isernia ci era nata con i suoi fratelli, tutti con la sua faccia e i suoi stessi occhi azzurri. Tranne lei, che si chiamava Maria, e Ugo, tutti gli altri avevano  nomi che finivano in ino: Gaetanino, Tonino, Pasqualino. Sul finire di quella sua ultima estate a casa mia, guardavamo insieme la televisione.  Trasmettevano un documentario sui pinguini.  Camminavano pettoruti sugli scogli e nel ghiaccio. “Vedi che animali belli! E che sono questi?” mi chiese piena di stupore guardandoli.  “Nonna, sono i pinguini!” le risposi io, più stupefatta di lei. Mi sembrava, infatti,  impossibile che nei suoi oltre ottant’anni di vita, non avesse mai visto i pinguini.   “Ah,  questi sono i pinguini!” mi rispose felice “Vir com so eleganti! Paren tant mafius”…

In riva al mare dei miei ricordi…

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