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Il concetto dell’inversamente proporzionale sembra essere, ad una certa età, rappresentato perfettamente dal calo della vista. Questa infatti diminuisce in maniera inversamente proporzionale a quella dell’anima che, al contrario di quella degli occhi, si rinvigorisce, si espande e si aguzza. Sì, proprio come quella aguzzata della settimana enigmistica, alla ricerca del particolare e dell’intruso. Alla mia età la vista dell’anima ha raggiunto vette altissime, lo zenit della percezione. La cosa non è roba semplice da spiegare. E’ infatti tutta un affare di retrovie, di intrecci, grovigli di sensazioni. Talvolta, a malincuore, anche di neri e incomprensibili presagi. La ragione mantiene tutto più o meno sotto controllo. E’ una questione di sopravvivenza se predomina talvolta con la forza. Vincola lo spirito svincolato dell’istinto, lo riconduce nel recinto della razionalità per il mezzo della dimenticanza. Per il tramite di una distrazione che distoglie da quello stato di sgomento che a volte ti piomba addosso. Questo è proprio quello che mi è successo. Prima che mia madre morisse, in tempi decisamente non sospetti, io scrivevo di dolore, di canzoni e ballate nere. Scrivevo di anima e di sangue, di cuore nero e di nero. Nei giorni precedenti alla morte di mia madre un filo nero tramava alle mie spalle. Io l’ho sentito. Ne ho parlato ma non l’ho riconosciuto. Per sopravvivenza la mia ragione mi ha distratta e io, questo, non l’ho capito.

NERO è una breve raccolta degli scritti di quei giorni a cui, oggi che tutto il nero si è compiuto, io torno spesso a ripensare.

Roma, 25 aprile 2021

AnimaNickCave

“Siamo minuscoli ammassi di atomi sussunti all’interno della meravigliosa presenza del dolore, che occupa il nucleo del nostro essere e si estende attraverso le nostre dita fino ai limiti dell’universo. All’interno di quel vortice turbinante esistono tutti i tipi di pazzia, fantasmi e spiriti e visite oniriche, e tutto il resto che, nella nostra angoscia, avverrà. Questi sono doni preziosi che sono validi e reali quanto noi abbiamo bisogno che siano: sono le guide spirituali che ci guidano fuori dall’oscurità“.

Nick Cave

Quanto fa male il corpo all’anima. E quanto perdona l’anima al corpo. Pedalo, pedalo e i miei pensieri sono in movimento, come le gambe sulla cyclette. Penso e ringrazio l’anima di esistere e per tutte le volte che ha aiutato il mio corpo, sorreggendolo, curandolo. Stamattina sono sopraffatta da un insolito buon umore. Ne resto stupefatta e mi chiedo se saranno gli alberi a prevalere oggi sui dolori articolari. Da qualche giorno ascolto a ripetizione una musica che mi rimane dentro e penso che invece è questa la ragione del mio buon umore, molto piĂą che gli alberi verdi, la primavera e i fiori. La ragione del mio buon umore è un uomo alto, magro e scuro in volto, con la voce bassa e profonda e con le tonalitĂ  nere delle sue melodie, con le ripetizioni ipnotizzanti delle sue ballate. Non mi dico che Nick Cave è un personaggio inquietante. Piuttosto penso fortemente ai fili impercettibili che interconnettono le anime nel tempo e nello spazio. E’ tutto un affare immateriale, tutto un complottare. Si intrecciano, si accomunano, si sentono. Si ritrovano in retrovie, vibrano su parole, note, si riconoscono in certi sguardi. Il dolore, nel mondo delle anime, non è bistrattato come in quello materiale del corpo, che pur tanto soffre. E’una lingua muta che aiuta sĂ© stessa. Penso che paradossalmente è sempre il dolore a guarire il dolore. Quando ci si immerge, ci si entra dentro. Quando questo si propaga in echi profondissimi che dal centro di noi stessi ci ricongiungono con l’universo. La musica in questo senso è una potenza sovraumana. E’ come salire su un cuore sanguinante e volare. Lo intuivo confusamente ieri ascoltando la canzone legata alla perdita del figlio “Girl in amber”. Continuava a girare a rigirami nella testa, concentricamente, a ripetizione, la ripetizione “The phone, the phone, the phone it rings, it rings, it rings no more”, lo squillo di un telefono che non avrebbe mai piĂą suonato, una campana a lutto senza suono, una trappola in cui rimanere fermi, cristallizzati, chiusi, “come un ragno nell’ambra”. Poi tutta una serie di letture sullo scorrere del tempo e su quanto questo faccia sempre il suo dovere. Lo aveva del resto anticipato in una canzone molti anni prima sulle lacrime e il pianto, “The weeping song“, una ballata di nero ottimismo piena di lacrime, di donne, di uomini e finanche di bambini. Lacrime e pianto che, tuttavia, lo cantava forte e chiaro, non sarebbe durato a lungo “but i won’t be weeping long“. Potenza dell’anima quella di aiutare sĂ© stessa anticipandosi. Potenza della musica quella di far volare su un cuore che gronda gocce scurissime di sangue che sono poi la vita.

Note, silenzi, anima, sangue e cuore hanno avuto il loro bel da fare stanotte mentre dormivo.

Roma, 27 aprile 2021

Martelli pneumatici e caterpillar

“Al posto della scrittura come sarebbe se la mia voce fosse il mio inchiostro, se cantassi il nero potrei usare quel colore per far sparire completamente il buio… Cantare l’oscurità utilizzando il nero può essere una cosa interessante. Se canti utilizzando l’assenza di speranza essa viene esternata e se ne va dal tuo corpo. E’ una questione di consapevolezza”

Blixa

Stefania dice che so come scrivere e che potrei anche mettermi a parlare di musica. In effetti sì, le rispondo, quanto meno nella misura in cui ciascuno di noi potrebbe farlo in relazione al proprio modo di viverla, ascoltarla, percepirla nella vita. Per il resto io di musica tecnicamente non ne capisco un tubo. Gente come Nick Cave riesce comunque ad entrare negli “organi”, come dice sempre Stefania. . Intanto penso che internet sia uno strumento grandioso quando ti dĂ  la possibilitĂ  di seguire e soddisfare le curiositĂ  di un momento e di parlarne. A me capita spesso di aggrovigliarmi nelle mie curiositĂ . A queste pensavo oggi come matrioske: da una ne esce fuori un’altra e un’altra e un’altra ancora. Da Nick Cave è così uscita fuori la matrioska di Blixa, l’ex chitarrista del gruppo Bad Seeds che, con la sua affascinantissima e profondissima voce, canta in diverse canzoni in duetto con Nick Cave. Mi dico che il fatto che quest’uomo sia nato a gennaio deve avere a che vedere di certo con la mia curiositĂ . Scopro anche un po’ di altre cose, prima fra tutte che fa parte di un gruppo dal nome tedesco impronunciabile che tradotto sta a significare edifici che crollano, gruppo musicale del genere rumorista nato negli anni 80 a Berlino. La musica è sperimentata dal rumore. Leggo da qualche parte che per mancanza di soldi per acquistare dei veri strumenti, cominciano a suonare con roba tipo attrezzi di lavoro, martelli pneumatici, lamiere metalliche, tubi flessibili, sperimentando suoni particolari dai rumori alienanti. Insomma cose assai lontane da me anche se mi viene voglia di saperne di piĂą. Mi interrogo sulle possibili affinitĂ  elettive tra il mio cervello e il genere musicale rumorista. Mi dico che il suono di un martello pneumatico potrebbe pure avercela un’affinitĂ  con il mio mondo, mi viene insomma in mente l’immagine di un caterpillar, quella in cui ci ho sempre rivisto dentro un certo mio modo di avanzare pesante nella vita. Scopro così che la musica di un martello pneumatico potrebbe in qualche modo fungere da colonna sonora all’avanzare monotono e al passo lento e pesante di un caterpillar.  Mi dico anche che ne so poco, sia di martelli pneumatici, che di caterpillar, però mi sembra pure di stare sempre troppo a sottilizzare. A me le due cose, a senso, mi paiono parecchio assonanti così come assonanti devono essere quelle suggestioni un po’ ripetitive dei rumori con i pensieri monotoni che a volte girano e rigirano nella testa. Mi lascio un po’ andare alla fantasia, forse a un flusso di coscienza incosciente, senza consapevolezza, una specie di limbo, una via di mezzo tra il sonno e la veglia. E infatti il cellulare mi sfugge dalle mani, mentre gli occhi continuano a chiudersi e riaprirsi di soprassalto. Insomma, ne leggo parecchie di matrioske datate dalle quale escono fuori quelle piĂą attuali, vicine ai giorni nostri. Blixa è decisamente un sessantenne molto lontano fisicamente da quel ragazzo con i capelli alzati e vestito da prete che, sulla barchetta su un mare di notte, con la voce grave e profonda risponde alle domande del figlio Nick Cave sulle lacrime del mondo e della vita cantando The weeping song. Lo ritrovo nella matrioska finale, quella piccola piccola della mia curiositĂ , l’ultima della mia ricerca. Un disco scritto e cantato con un musicista italiano, Teho Teardo, compositore di nota fama. Il disco si intitola “Nerissimo”. Su un titolo del genere mi sveglio vincendo definitivamente il sonno. Il forte sospetto che un filo conduttore invisibile attraversi questi giorni, infilandosi nelle sensazioni e riunendole tutte in una trama di cucito, ovviamente nero, diventa quasi una certezza.

Spengo la luce. Mi addormento.


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