Oggi parliamo 🎤🎧 …
… e scriviamo đź–‹

L’intermittenza delle lucette natalizie mi ha mandato in apparente black out il cervello. Mi ipnotizzano nel loro monotono accendersi e spegnersi. I pensieri, dal canto loro, se ne stanno solo momentaneamente nascosti dietro l’angolo. In piena aria natalizia è tutto un avvicendarsi di odori, sapori, colori. Vista, olfatto, gusto si rinforzano, solidarizzano tra loro per risvegliare le cellule palpitanti di quel luogo indistinto del cuore che ogni anno richiudiamo e ogni anno riapriamo. Come le scatole degli addobbi e del presepe, il nostro cuore si riapre. Ne tiriamo fuori cose come palline dell’albero di Natale: sensazioni, ricordi, tristezze, gioie e dolori. In questi giorni la buccia di un mandarino mi riconduce all’improvviso in un mondo di cui ho sempre sentito una nostalgia misteriosa. Un luogo che non credo sia mai esistito per davvero ma che mi ha richiamato a sé, irretendomi, abbagliandomi, incantandomi. Il Natale è per me un’eco di una sirena incantatrice. Ogni anno acquista peso, si irrobustisce di mancanze. Stranamente non mi spaventa rispetto a tutto questo. O perlomeno, non più di quanto possano spaventarmi tutti gli altri giorni senza mia madre.

Intanto la mattina mi sveglio chiedendomi quale possa essere il mio mar Baltico. Guardo la mia amata Paola Maugeri immergersi nel suo a temperature proibitive. Solo ieri a un grado. Mi ricordo del suo messaggio: “imparare a stare comodi nella scomodità” e mi chiedo quale sia il mio freddo mare, la scomodità nella quale imparare a stare comoda.

La domanda mi suscita molteplici risposte: sono le onde di quel mare in cui devo imparare ad accomodarmi. Sono tante, alcune più alte e agguerrite, altre più basse, meno irruenti. Tutte si infrangono su di me prima di scemare sulla sabbia. Oggi penso che un’onda piuttosto fredda e potente possa essere lo sguardo dell’altro. Mi chiedo quanto è e sia stato scomodo l’altrui sguardo per la mia vita e quanto ancora io debba lavorare per accomodarmici sopra. Mi chiedo quanto il mio sguardo abbia ceduto in passato di fronte allo sguardo dell’altro e quanto importante sia oggi il mio sguardo, rispetto a quello dell’altro.

immagine di Christian Schloe

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